Successo professionale e difficoltà relazionali appartengono non di rado alle stesse persone
L’esistenza di persone di successo che faticano a gestire le loro relazioni può apparire come una contraddizione. Infatti, il lavoro comporta sempre una grande componente relazionale, sia per chi svolge una libera professione che per coloro che lavorano in un contesto organizzativo. Soffermandoci meglio sulle ragioni del successo, potremo renderci conto che i risultati professionali non sono necessariamente correlati positivamente con delle relazioni empatiche basate sulla stima e sul rispetto.
Competenze che favoriscono il successo professionale
L’autostima, ovvero la consapevolezza di essere, o saper fare qualcosa, ha più volti, e lo sanno bene quelle persone che raggiungono vette professionali molto alte, ma faticano a costruire una vita privata soddisfacente. La determinazione, le competenze tecniche, le scelte opportune, la progettazione della carriera, e talvolta, la fortuna, consentono, ad alcune persone, di perseguire risultati così brillanti da rendere difficile credere che questi stessi individui abbiano delle vite private disastrose.
La professione e la vita privata, in realtà, si avvalgono entrambe di quella intelligenza emotiva tanto citata nei libri di psicologia e di management. Nel privato, tuttavia, questa sensibilità è un requisito imprescindibile, mentre nella professione essa può essere proficuamente compensata da competenze tecniche, audacia, intraprendenza, tenacia e, spesso, da cinismo, spregiudicatezza, aggressività e spietatezza. Come si vede, possiamo assistere al successo professionale di persone esattamente l’opposto dei “competenti emotivi”.
Nei contesti lavorativi, l’esigenza di produrre profitti finisce per rendere vincenti esseri tutt’altro che empatici. Le esigenze di business giustificano l’insensatezza relazionale umana di molti comportamenti, dichiarandoli “di successo” e considerandoli quindi dei danni necessari, quelli prodotti ai loro collaboratori, ai concorrenti e, non di rado, all’ambiente.
La sensibilità indispensabile per costruire le buone relazioni
Sensibili, empatici o intelligenti emotivi? Poco importa l’aggettivo che scegliamo di usare, poiché la sostanza non cambia. Le buone relazioni, considerate buone da tutti i soggetti coinvolti, si basano su principi che non possono venire meno. Il rispetto per l’altra persona, indipendentemente dall’obiettivo proprio o comune, è il fulcro del benessere emotivo. Assistiamo a rapporti professionali, sia gerarchici che paritari, nei quali il fine (il business) giustifica i mezzi (la mancanza di rispetto per la persona). Questo approccio è alla base della frustrazione lavorativa che pervade la nostra società.
“Il lavoro nobilita l’uomo” è una espressione proverbiale attribuita a Charles Darwin. Essa vuole porre l’accento sull’importanza del lavoro per le persone, quale strumento capace di farle crescere come esseri umani. Quando il business è l’unico obiettivo delle aziende e dei manager, la crescita delle persone e della società che esse compongono, non è realizzabile. La questione non va però declinata esclusivamente come un eccesso di attenzione al profitto delle aziende, ma anche alla predisposizione di molti uomini/donne in posizione di potere, a esercitarlo in modalità direttiva, coercitiva, psicologicamente violenta e predatoria.
Sono le persone ad agire i comportamenti. Ogni singolo individuo, pur se inserito in un meccanismo che limita le possibilità individuale, può scegliere se costruire un clima che aiuti le persone a stare bene, o se usarle per raggiungere i propri obiettivi, i propri budget e, in ultima analisi, fare i propri interessi in alternativa a quelli umani e sociali.
Le difficoltà relazionali
Il successo, dunque, può essere raggiunto anche facendo terra bruciata intorno a sé. Persone che obbediscono per paura o rispetto dei ruoli, ma non stima per la persona. Intorno si crea un ambiente obbediente, ma intriso di risentimento e disistima. Questo approccio al rapporto con le altre persone, nella vita personale crea il vuoto. Rimanere al fianco di queste persone significa venire trattate in modo strumentale agli scopi altrui. Significa non sentirsi capiti, ascoltati, visti e considerati in quanto persone.
Per questa ragione, molte persone di successo in ambito professionale, avendo come cliché relazionale quello arrogante, direttivo, intollerante, egoriferito, eccetera, quando agiscono questo stile con persone che vorrebbero essere amate, finiscono per distruggerle, esattamente come fanno con i colleghi, le colleghe o i sottoposti.
Le persone non si usano
Le persone non sono oggetti o strumenti da usare. Se volete raggiungere il successo e avere dei buoni rapporti con le altre persone, dovete scendere dal trono e guardare gli altri come pari e non come sudditi. I vantaggi personali e sociali vi renderanno desiderabili anziché temuti, cercati in quanto belle persone e non perché potete a vostra volta servire. Chi vi sta vicino saprà apprezzare i vostri nuovi successi raggiunti con umanità.
La cultura patriarcale ha prodotto i suoi effetti negativi non solo sulle donne, ma anche sugli uomini, poiché basandosi sul potere e sulla sottomissione, ha colpito indistintamente gli uni e le altre.
Infine, va sottolineato che anche alcune donne adottano stili relazionali del tutto simili ai peggiori esempi maschili, divenendo altrettanto violente e prive di sensibilità e generando gli stessi effetti negativi sui loro interlocutori, sia professionali che privati. Potrebbe quindi essere la ricerca del successo professionale, in un mondo che per raggiungere il profitto legittima l’insensibilità per la persona, a indurre sia gli uomini che le donne in carriera ad adottare comportamenti che non promuovono il benessere relazionale.

Milano, Italy – Ho 59 anni, mi sono laureato in psicologia clinica all’Università degli Studi di Parma e specializzato in psicoterapia a indirizzo comportamentale e cognitivo. Mi sono specializzato in psicoterapia cognitiva e comportamentale, sessuologia clinica, terapia della coppia e consulenza familiare. Ho conseguito un master in ipnoterapia e seguito il percorso di specializzazione in EMDR per il trattamento dei traumi.