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La vita come un palcoscenico: chi siamo sotto le maschere che indossiamo?

William Shakespeare sosteneva che la vita fosse un palcoscenico e tutti gli uomini niente altro che attori e, onestamente, il suo pensiero, sebbene estremizzato, non si discostava molto dalla realtà.

Immaginate la vita come un palcoscenico dove, inevitabilmente, e a seconda delle circostanze, ci si sente obbligati o desiderosi di mostrare solo una parte di sé stessi o di essere qualcun altro.

È questo il momento in cui si indossa una maschera, in pratica, una diversa versione di noi stessi da proporre al pubblico.

Carnevale è passato da qualche tempo, ma le maschere che “vestiamo” non seguono stagione o festività, possono essere dismesse per brevi periodi, ma rindossate all’occorrenza.

Le maschere fanno parte della nostra vita come filtro tra noi e il mondo esterno, non sono sinonimo di ipocrisia e falsità, bensì di un processo ben più profondo: di ricerca di sicurezza, di protezione dal mondo esterno e di tentativo di accettazione.

Quante maschere siamo in grado di indossare? La risposta è semplice: “tante”, ma non è così semplice capire quando le stiamo indossando.

“C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno”. Uno nessuno e centomila, Luigi Pirandello

Le convinzioni che maturiamo su noi stessi, il sentirsi “inadeguati”, fragili, non all’altezza della situazione, ci guida verso cosa mostrare e cosa celare sulla base della situazione in cui ci troviamo.

Le sfide, gli obiettivi, i traguardi che ci prefissiamo, ma anche le disavventure e i periodi di forte stress sono tutti alimentatori di maschere.

Le maschere regalano nuove identità e spesso ci accompagnano nella quotidianità, plasmandola, fino al punto di non riuscire più a capire se nell’hic et nunc siamo davvero noi stessi, chi desideriamo essere o chi è meglio essere in quel dato istante.

Non è facile “gestire” le nostre maschere e neppure comprendere quando e perché le abbiamo indossate.

Sono Loro che ci danno sicurezza, ci fanno sentire migliori, più idonei alla situazione, ma anche quelle che ci impediscono di vivere a pieno la nostra vita, che ci offrono una apparente e illusoria corazza dietro la quale nasconderci, che sono un ostacolo al cambiamento e che, a lungo andare, non ci permettono di distinguere chi siamo da chi vorremmo essere.

Quante volte ci è capitato di assumere uno specifico comportamento in una situazione, ma di non essere consapevoli a pieno del perché lo abbiamo fatto?

Nel bel mezzo di un incontro di lavoro non reagiamo a una provocazione e, a breve, iniziamo a dubitare delle nostre capacità e a sviluppare un senso di impotenza e inadeguatezza.

Siamo certi, però, che quella “risposta” non fosse in realtà una maschera, un tentativo di difesa o di evitamento di un qualcosa di ben più grande da gestire?

Prendere consapevolezza di chi si cela sotto le nostre armature, della nostra autenticità, non è un processo né immediato, né tantomeno semplice, ma indubbiamente molto gratificante.

Scoprire chi siamo realmente permette di riconnettersi alle proprie emozioni, ritrovare i veri obiettivi prefissati, dare un senso alle azioni, evitare lunghe “ruminazioni mentali” e identificare ciò che non è parte di noi, dalle persone, alle cose materiali, alle situazioni.

Mettere da parte questo bagaglio ingombrante consente di vivere una vita più piena e leggera, più incline ai nostri reali bisogni, aspirazioni, limiti e risorse.

Del resto, perché vivere la vita di un altro quando possiamo e abbiamo la magnifica opportunità di vivere la nostra?

Marcella Ravazzini

Author Marcella Ravazzini

Fornisco sostegno psicologico personalizzato nell’individuazione di strategie di adattamento per affrontare conflitti e sfide che la vita presenta, portando ad una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie risorse.

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