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Suono ormai da 30 anni ma, non ho mai pensato di fare di questa mia infinita passione un lavoro.

In gioventù mi sono limitato a suonare in pub e locali, ai motoraduni, ecc. Ho sempre rifiutato proposte del tipo “mandami una demo”, “lo giriamo”.

Poi ieri sera è successo che le quattro persone che abitano al piano di sopra scendano e, invece che lamentarsi perché alle 22.00 li sto disturbando (nonostante l’insonorizzazione) con la mia musica, mi chiedano “mi suoni questa o quest’altra?”.
Faccio partire la base ed incomincio a suonare. Loro mi guardano e vedo che due di loro addirittura si commuovono.
Il padre di questa famiglia mi chiede come faccio a fare il solo di Confortably Numb chiudendo gli occhi: io rispondo che non lo so, che non ne ho idea, che sento dove devo mettere le mani.
Poi mi chiedono di suonare l’Ave Maria di Schubert e io, con l’accompagnamento, ad occhi chiusi faccio la parte solista.
Ne è venuta fuori proprio una bella serata: io abito da solo ed ho avuto l’impressione che che questa famiglia mi avesse preso in simpatia.
Stamattina verso le 11.30 suona il telefono. Rispondo ed è la madre della famiglia del piano di sopra che molto arrabbiata mi dice che sa che io bevo, che mi ha visto alle 7 di mattina buttare a terra una lattina grande di birra. Aggiunge che sono un deficente, che suono a memoria e senza guardare lo strumento e poi mi alcolizzo dalla mattina alla sera. Dandomi dell’idiota mi chiede “perché?”.
Dice anche che lei è un anno che prova a suonare l’Ave Maria ma con scarsi risultati, mentre io spreco il mio talento e dedico il mio tempo a buttar giù alcool invece di occuparmi di fare della musica il mio lavoro.
Dichiara che non vuole che i suoi figli abbiano a che fare con me e che vieterà loro di venirmi a trovare, nonostante mi adorino, perché non me lo merito e che sono solo un esempio da evitare. Conclude dicendomi di vergognarmi: io, che l’avevo commossa suonando, mi rovino con il bere.
Mi ha incenerito. Lei esce ed io vado in bagno, mi guardo allo specchio e mi metto a piangere. Non piango per quello che mi ha detto, perché la capisco ma, perchè ci è voluta lei per farmi comprendere che sto distruggendo la mia vita, che avrei potuto fare molto di più. E tutto a causa del bere.
Mi sono reso conto che sono solo un alcolizzato e mi sono chiesto chi avrei potuto essere senza una bottiglia in mano.
Così la mia autostima è sparita. Mi sento di dovermi scusare con tutti i miei cari e devo constatare che ho perso e basta. Prendo atto di quello che sono: un alcolizzato. Chiedo perdono anche a chi è in cielo e sicuramente starà piangendo a causa mia.
Quella donna con poche parole mi ha fatto capire ciò che sono: una bottiglia vuota.
Autore Anonimo

Author Autore Anonimo

Sono un uomo con una storia ordinaria, una famiglia simile a tante altre e tanta voglia di serenità. Sto scoprendo giorno per giorno, che sono Io l'artefice del mio benessere e che, chi non mi vuole, non mi merita. Mi voglio, mi merito, mi amo.

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